It will be the one you run to the one that saves you!

Oggi non riesco a scrivere, la testa va dove vuole e il capitolo 23 mi guarda con aria infastidita. Be’, non mi scrivi? Più tardi. Forse, mi ripeto. Non dovrebbe mancare molto alla meta, ma ammetto che ho fatto fatica a scrivere questo nuovo romanzo. Fatica perché fatico io a sorridere, eppure devo. Fatica perché deve esserci speranza, anche se non ne vedo. Fatica perché i buoni devono trionfare, quando invece è il vuoto che la fa da padrone.

Questo 2012 mi ha già stancato, nel profondo. Sono due giorni che di prima mattina attraverso l’ingesso di Centro di Cure Palliative all’Ospedale di Mantova. Subito la sensazione è stata strana. Forte. Diversa dal solito, non so spiegarlo, è come aprire gli occhi di colpo. E’ un vecchio edificio in pietra rossa, ci sono lunghi corridoi pieni di vetrate che danno su ampi giardini silenziosi, pieni di alberi in fiore e germogli. Strano contrasto. Il luogo è silenzioso, pulito. Ci sono solo una decina di stanze al primo piano, si affacciano su un lungo e ampio corridoio. Alle estremità si trovano invece due ampie porte che danno sui giardini.C’è una chiesetta sconsacrata, poco distante. Vetri opachi, erbacce, una campana che pende storta. Si può raggiungere l’edificio da un ponte soprelevato immerso tra gli alberi.  Tutto è colorato e piacevole: mobili color noce, porte della stessa sfumatura, stanze singole e personale che definire Angeli è poco.

Poi il risveglio.

Ci sono due libri proprio accanto l’ingresso. Libri dalle pagine bianche, che decine di mani diverse hanno riempito di foto, di parole, di storie che – lo ammetto – quando le ho lette o mi hanno fatto commuovere. Storie di madri, di padri, di figlie e figli, nonne e nonni accomunati dallo stesso dolore. Non so quanto tempo sono rimasto a leggere quei libri, ieri. Parecchio. So solo che oggi non l’ho fatto, troppo dolore.

Ogni tanto arriva un’infermiera, sempre col sorriso, sempre premurose, rispettose, veri Angeli che hanno visto di tutto. Chiedono gentilmente di non uscire dalle stanze dei pazienti per dieci o quindici minuti. Quanto tornano ad aprire le porte, una stanza si è svuotata. Una donna di 34 anni, un ragazzo di 29, una signora di 58, un anziano di 86… semplicemente non ci sono più. In due giorni è la quarta volta che mi capita. Le porte vengono chiuse, una stanza si svuota.

Altro dolore. Che si somma ad altro, che mi trascina giù. Che non mi fa scrivere. E il cerchio è chiuso.

L.

3 thoughts on “It will be the one you run to the one that saves you!

  1. Mi spiace per qualsiasi cosa ti stia capitando Luca, tieni duro!

  2. Pia e Giulia, grazie davvero.
    E’ un momento pesante, che si aggiunge ai problemi che già ci sono in generale. Grazie per le vostre parole.
    Un abbraccio a tutte e due!
    Luca

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